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Ritorna a Elettrosmog: le Soluzioni



 
 

 L’inquinamento diffuso è diventato una delle preoccupazioni principali di chi quotidianamente si aggira in città sempre più invivibili e malsane. La casa sembra così l’unico rifugio dal caos metropolitano e dai veleni dissolti nell’ambiente: eppure anche questo luogo familiare può celare a nostra insaputa un nuovo, temibile, tipo di inquinamento.
Sul nostro pianeta è da sempre presente un campo elettromagnetico naturale, nel quale si sono sviluppate ed evolute tutte le specie biologiche: questo è rimasto grosso modo immutato fino all’avvento dell’era elettrica, che all’inizio del secolo ha determinato l’esordio di una delle maggiori e più invisibili alterazioni dell’ambiente urbano, con effetti anno dopo anno in preoccupante e inarrestabile crescita.

Inquinamento domestico da elettrosmog
Alla corrente elettrica sono sempre associati dei campi magnetici, generati all’interno di un’abitazione dagli elettrodomestici e da tutte le apparecchiature elettriche ed elettroniche di uso individuale. Televisori, stereo, computer, tritatutto, radiosveglie (dannosissime se posizionate vicine alla testa durante le ore notturne), aspirapolvere, rasoi elettrici e asciugacapelli (micidiali), forni a microonde, lavatrici: tutti oggetti che pur generando modesti e innocui campi elettrici provocano allo stesso tempo spaventosi e dannosissimi campi magnetici, risultanti dalla somma delle radiazioni provenienti dalle diverse sorgenti.
E’ dunque bene evitare la concentrazione di queste apparecchiature in spazi ristretti, o quanto meno avere l’accortezza di disattivarle quando non c’è reale necessità di utilizzo. E’ quindi buona abitudine spegnere il televisore invece di tenerlo in stand-by tramite telecomando (evitando in questo modo anche il consumo di 5-15 watt all’ora), non stare mai a meno di un metro dallo schermo televisivo e dal monitor del computer (optando in questo secondo caso per i modelli a basse radiazioni o per quelli a cristalli liquidi, che non generano campi elettromagnetici), spostare tutte le apparecchiature elettriche (orologi, radio, segreterie telefoniche, ecc.) dalle vicinanze del letto in cui si dorme, non stazionare a lungo davanti ai vari tipi di elettrodomestici elencati mentre questi sono in funzione.
Un discorso a parte merita il telefono cellulare, pericoloso per la vicinanza del terminale alla testa dell’utilizzatore: questo va adoperato con l’antenna sempre completamente estratta e mai in vicinanza o all’interno di estese superfici metalliche (es. l’automobile), utilizzando ogni volta che è possibile l’auricolare e il microfono. Ma il problema più grande collegato all’utilizzo dei telefonini consiste nella necessità di ripetitori che propaghino nello spazio i campi elettromagnetici da questi generati, con onde che vanno dai 900 ai 1800 megahertz di frequenza. Sono queste antenne, ultime arrivate su tetti già intasati dai diversi impianti per la diffusione dei segnali radio e TV, a determinare il maggiore impatto sull’ambiente e la più pericolosa esposizione per la popolazione.

L’antenna sul tetto che scotta
Nei grandi centri metropolitani è cronaca di tutti i giorni la costituzione di comitati di quartiere che protestano per gli abusi subiti da parte dei gestori di impianti per le telecomunicazioni. Questi infatti, d’accordo con proprietari di immobili o amministratori privi di scrupoli, sia pubblici che privati, sono riusciti fino a poco tempo fa ad installare impianti e antenne senza difficoltà, favoriti dall’assenza di leggi in materia e dalla scarsa informazione reperibile sull’argomento. Telefonini gratis per tutti i condomini, contratti di rete fissa in omaggio, assicurazioni sulla non nocività dell’impianto: queste finora le strategie adottate per incentivare gli occupanti degli edifici interessati. È a rischio però la salute non soltanto degli inquilini sul cui palazzo è stata installata l’antenna, ma di tutti coloro che si trovano nelle sue immediate vicinanze e che sicuramente non usufruiscono dei suddetti “vantaggi”. Esiste una legge dello Stato (Dlsg. 381/98) che finalmente pone delle basi concrete per la tutela dei cittadini, fissando il tetto massimo di esposizione ai campi elettromagnetici ad alta frequenza. Si tratta di un contributo iniziale alla formulazione di una più completa legislazione che consideri la salute pubblica il solo ed unico obiettivo da perseguire.
La salute e la ricerca scientifica
Gli interessi economici in gioco sono fortissimi e pertanto la ricerca scientifica stenta a decollare. Gli studi sono spesso di parte e la confusione di notizie rende difficile la scoperta della verità, a tutto vantaggio dei grandi gestori. Questi accusano la stampa di aver montato un caso per far notizia e gettano acqua sul fuoco, incuranti delle reali preoccupazioni della popolazione. Poco si sa degli effetti che queste onde provocano sulla salute e la difficoltà di tutelarsi con una legislazione ancora impreparata deve rendere tutti molto diffidenti.
Si sa per certo che le finestre e gli infissi delle nostre case non costituiscono un ostacolo per i campi elettromagnetici, e in generale si può dire che bambini, anziani e portatori di pace-maker sono le categorie più a rischio.
Gli effetti dei campi elettromagnetici sull’organismo umano sono classificabili in due categorie, a breve e a lungo termine.
Gli effetti immediati delle onde ad alta frequenza (impiegate per le trasmissioni radiotelevisive e per la telefonia mobile) consistono nel surriscaldamento e conseguente danneggiamento di alcuni tessuti del nostro corpo, soprattutto degli organi più ricchi di acqua (come i testicoli e il cristallino degli occhi). I campi a bassa frequenza (generati dagli elettrodotti, dai trasformatori e dagli elettrodomestici) inducono invece delle correnti elettriche nell’organismo e possono alterare anche sensibilmente il funzionamento dei sistemi cardiaco e nervoso: mal di testa, disturbi del sonno, extrasistole e fibrillazioni ventricolari, senso di nausea, irritabilità e depressione, sono tutti effetti riscontrabili se l’intensità del campo elettromagnetico supera una certa soglia di sicurezza.
Gli effetti a lungo termine sulla salute sono più difficili da determinare, proprio perché la ricerca in questo campo è stata avviata solo recentemente. La scienza non ha ancora stabilito con certezza se esiste un legame diretto fra l’esposizione prolungata ai campi elettromagnetici e l’insorgenza di forme tumorali: diverse ricerche effettuate in tutto il mondo hanno però evidenziato il probabile nesso di causa ed effetto, registrando un aumento dei casi di cancro per esposizioni protratte e in particolare l’incremento di forme leucemiche infantili (i bambini assorbono infatti l’energia generata dai campi magnetici con più facilità, a causa della loro massa fisica ridotta). 

La legislazione in materia
In molti paesi sono già state attuate misure precauzionali per la salute pubblica, così come per l’ambiente: negli Stati Uniti, ad esempio, le aree per la collocazione di questi impianti di diffusione sono previste dai piani regolatori, che ne determinano persino l’aspettoestetico.
In Italia, a livello nazionale, esiste un Decreto legislativo interministeriale (Dlsg 381/98), che indica dei valori massimi di esposizione (limiti di cautela) pari a 20 V/m (volts-metro) e di 6 V/m per le zone residenziali, scuole e ospedali. Il decreto demanda poi alle Regioni una più accurata regolamentazione che a tutt'oggi risulta ancora inadeguata.
Il criterio dei valori massimi di esposizione è stato ripreso dalla Delibera del Comune di Roma N°5187, del 29/12/98: bisogna dare atto all’amministrazione Comunale di aver recepito rapidamente l’entità del problema, coinvolgendo ISPESL e ASL per garantire la massima tutela della salute pubblica. In questa delibera si esclude tassativamente la possibilità di consentire l’installazione degli impianti in esame sopra ospedali, scuole, asili nido, case di cura e riposo o nelle loro prossimità a distanze inferiori di 50 m. dal perimetro esterno.
Il Consiglio comunale ha poi integrato questa delibera in data 22 marzo 1999, apportando importanti modifiche: le autorizzazioni o concessioni devono essere rilasciate dal Dipartimento IX - II Unità Organizzatoria con l'acquisizione, negli atti istruttori, dei pareri rilasciati da tecnici abilitati relativi sia alla sicurezza statica dell'edificio e degli impianti installati, sia alla normativa sugli impianti elettrici (L. 46/90), fermo restando i pareri dell'ISPSL e delle ASL sul rispetto dei limiti di inquinamento. Tali disposizionisi applicano successivamente alla data di esecutività della nuova delibera, ma gestori e concessionari hanno 180 giorni di tempo per integrare la documentazione tecnica degli impianti già esistenti. E' stato inoltre introdotto il principio per cui tutti gli inquilini residenti hanno diritto di esprimere il loro parere, mediante voto in assemblea, nel caso in cui l'installazione di tali impianti comporti l'utilizzazionedi volumi adibiti a servizi di uso comune (stenditoi, lavatoi, etc.). All'interno del centro storico non saranno autorizzate celle con potenza superiore ai 5 watt e il limite massimo di esposizione viene portato a 3 V/m contro i 6 V/m del D.L. 381/98.
Le microcelle: un’alternativa valida ma dispendiosa
Si tratta di unsistema che è già realtà in Spagna ed in Giappone, e che consiste nel posizionare un numero maggiore di antenne, molto più piccole, le quali producono onde con una intensità inferiore. Sono quindi meno dannose per la salute e comunque capaci di coprire il territorio in modo capillare. Questo sistema richiede però almeno inizialmente investimenti maggiori, ed è per questo motivo evitato dalle aziende che gestiscono le telecomunicazioni nel nostro paese.
Cosa fare prima dell’installazione?
Valutare con attenzione e prendersi tutto il tempo necessario per raccogliere informazioni è una buona regola di vita, valida anche in questa situazione. Tenete presente che è molto facile installare una antenna ma è assai difficile disinstallarla. Se la richiesta viene fatta al condominio, la decisione spetta all’Assemblea dei proprietari con una maggioranza di almeno due terzi. Gliinquilini non proprietari possono comunque chiedere delle garanzie, ovvero: 1) che il “fondo” elettromagnetico nell’area di installazione vada preventivamente misurato e che non ecceda di 0.5 Volt/metro nella gamma Microonde e Uhf; 2) che il nuovo impianto non generi, in nessun intervallo di 6 minuti nell’arco delle 24 ore, un campo superiore a 6 Volt/metro presso la vostra abitazione o condominio (balconi inclusi) e nelle case adiacenti nel raggio di 50 metri; 3) che la società di gestione telefonica sia certificata EU-Emas, oppure Iso-14001 (standard internazionali per le imprese che rispettano l’ambiente).
Ricordatevi che secondo la delibera comunale bisogna rispettare un limite di 50 m. da case di cura, ospedali case di riposo, asili, scuole. Verificate pertanto la possibile presenza di tali attività in prossimità dell’edificio su cui va installata l’antenna. Se nel vostro quartiere sono già presenti fonti di inquinamento elettromagnetico, in base all’art. 2 del DM 381/98 l’antenna non si può installare. 
Se l’antenna c’è già
In base alla legge sulla trasparenza (n. 241\90) è possibile richiedere a mezzo  raccomandata A.R. indirizzata al Sindaco una copia dei certificati di compatibilità sanitaria rilasciati dalla ASL e dalla ISPESL. Il Sindaco ha 30 giorni di tempo per rispondere, pena denuncia legale. L’unica possibilità per disinstallare l’antenna è che le disposizioni di legge non siano state rispettate alla lettera. Auguri. 
L’inquinamento a Roma
Pionieri della lotta all’inquinamento elettromagnetico sono stati a Roma i piccoli inquilini dell’asilo “Giacomo Leopardi” di Montemario: una battaglia durata dieci anni contro le antenne di sedici televisioni e radio private sistemate tutte attorno all’istituto. Il comitato “Bambini senza radiazioni”, sorto a difesa dei piccoli ospiti della scuola, si è battuto a lungo chiedendo la ricollocazione dei due mega impianti Telecom ed ENEL che circondano l’asilo, riuscendo ad ottenerla solo di recente grazie ad una ordinanza comunale del 12\2\2000. Una vicenda che proprio in questi giorni sembra aver trovato la sua conclusione definitiva con l’ordinanza della II Sezione del Tar del Lazio, in base alla quale i due gestori hanno sei mesi di tempo per smantellare le antenne e i tralicci che sovrastano il campo sportivo della scuola. Ancora apertissimo è invece il caso di Radio Vaticana, le cui antenne risultano secondo una ricerca della Regione Lazio sorgenti di inquinamento elettromagnetico con punte fino a quattro volte maggiori della soglia tollerabile (risultato: case con lavatrici che cantano il “Te Deum” e citofoni che proclamano la messa). E’ poi cronaca di tutti i giorni la costituzione di comitati di quartiere che protestano per gli abusi subiti da parte dei gestori di impianti per le telecomunicazioni. Ma il problema è generale: in Italia ci sono 700 emittenti televisive e 2400 stazioni radiofoniche, per 60.000 antenne distribuite sul territorio; la rete di elettrodotti è lunga 1 milione di chilometri; i cellulari in funzione sono circa 30 milioni (primato europeo) con 700 antenne installate solo a Roma (di cui secondo un’indagine dei carabinieri ben 221 sono fuori legge).

 

La Regione Lazio ha allestito uno sportello telefonico

sull’inquinamento elettromagnetico, attivo il MERCOLEDÌ

dalle 17,00 alle 18,00, al numero: 06-51683055.
 

Raffaella Diaferiae  Oscar Glioti

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